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mercoledì 1 aprile 2015

Sallusti, professione cattivo

Sallusti parla della cattiveria e di come si coltiva, da soli e nella vita di coppia.

Intervistatore: Molti pensano che lei faccia il giornalista, mentre in realtà la sua prima occupazione è un’altra. Ritiene sia arrivato il momento di svelarcela?
Sallusti: Sì, penso sia arrivato il momento, la mia vera professione è il cattivo.
I: È un’attività redditizia?
S: Beh, come in ogni campo dipende dalle capacità. Diciamo che se la si fa a un certo livello non ci si può lamentare.
I: Ma come si diventa, per così dire, una stella della cattiveria?
S: Innanzi tutto, non ci si improvvisa, ci vuole la vocazione, e quella o ce l’hai o non ce l’hai.
I: Lei quando ha scoperto di averla?
S: Le dirò, mi sembra di averla sempre avuta. Fin da piccolo sapevo che da grande avrei fatto il cattivo. E già ero abbastanza cattivo che se qualcuno mi chiedeva cosa avrei fatto da grande non dicevo la verità, dicevo che avrei fatto il giornalista. Quando mi leggevano Cappuccetto rosso o I tre porcellini, facevo sempre il tipo per il lupo. Sa, sono scelte che ti formano, queste. Lei capisce che a furia di vedere il lupo ucciso e scuoiato in tutti i modi possibili e immaginabili, vai accumulando una riserva di cattiveria che ti basterà per tutta la vita.
I: Molto interessante. E poi?
S: E poi, come tutte le cose, anche la cattiveria va coltivata.
I: Come si fa a coltivarla?
S: Non rinunciando mai a essere cattivi, nemmeno per una sciocchezza. Un turista le chiede un’indicazione, lei lo manda nella direzione opposta. Un anziano le domanda di aiutarlo ad attraversare le strisce pedonali, lei gli risponde che non può perché va di fretta. Un amico le chiede di consigliargli un buon ristorante, e lei lo manda nel posto peggiore che conosce. Tanto per dire, io non ho mai ceduto una precedenza in vita mia.
I: Tra le mura domestiche almeno smetterà un po’ i panni del cattivo?
S: No, nemmeno tra le mure domestiche. Anzi, è proprio tra le mura domestiche che la cattiveria si irrobustisce. Ovviamente bisogna avere una compagna che sia all’altezza della situazione, della stessa pasta.
I: Dunque lei e la sua compagna trascorrete il tempo a farvi cattiverie?
S: Non nel senso che io le tolgo la sedia mentre sta per sedersi o le verso l’acqua bollente sulle mani mentre regge lo scolapasta.
I: Allora in che senso?
S: Se lei a tavola mi chiede, per esempio, mi passi il sale, io le dico no, oppure le passo l’olio, oppure le dico che mi fa male il braccio. E la stessa cosa fa lei. È un modo per tenersi in allenamento.
I: Quindi esiste, per così dire, una specie di etica della cattiveria?
S: Più che un’etica, una logica. Il principio è: fuggi la buona azione come la peste.
I: Secondo alcuni, anche Belpietro potrebbe raggiungere i suoi livelli. Lei cosa ne pensa?
S: Belpietro lavora bene, è un buon cattivo, non c’è dubbio, ha le phisique du role, soprattutto la faccia du role, però io ho qualche dubbio che possa eccellere. Si immagini, una volta mi ha confidato di aver temuto da piccolo per le sorti del terzo porcellino, quello che si costruisce la casa di mattoni, per intenderci.
I: Questo proprio non me lo sarei aspettato da lui.
S: Ecco, quando ti capitano queste cose significa che puoi pure pervenire a ottimi risultati ma non hai la stoffa del fuoriclasse.
I: Per concludere mi vorrei soffermare sulla tragica vicenda dell’airbus tedesco e sul titolo che lei ha dedicato alla vicenda.
S: Ah, ah... Schettinen, le è piaciuto?
I: Se devo essere sincero, non mi è piaciuto proprio. Ma io opero in un campo diverso.
S: Non sarà per caso un buonista?
I: No, non sono né buonista né cattivista...
S: Stia attento, il buonismo nuoce alla salute, lo dico per il suo bene.
I: Beh, un cattivo che parla per il mio bene...
S: Per il suo bene, per modo di dire... Parlo per il trionfo della cattiveria. 
I: D'accordo. Ma, tornando al nostro discorso, a parte che il giornalista autore dell’articolo su Schettino si era poi scusato e che comunque i morti della sciagura aerea non c’entrano nulla con lui, non condivido la logica dell’occhio per occhio, dente per dente.
S: Non la condivido neanch’io. Il mio motto è due occhi per occhio e due denti per dente, ah, ah...
I: Non teme dunque che in casi come questo la linea di confine tra la cattiveria e il cattivo gusto, per non dire lo sciacallaggio, possa apparire estremamente labile?
S: Perché dovrei temerla?
I: Quindi il cattivo non si ferma nemmeno davanti al cadavere?
S: Certo che no, anzi, gli si lancia addosso per accaparrarselo.
I: Un'ultima domanda. A proposito di matrimoni gay, lei ha detto che di questo passo verrà legalizzato anche il matrimonio tra uomo e animale. In questa evenienza lei con quale specie si sposerebbe?
S: Se ciò dovesse proprio succedere, lo può desumere lei stesso dalla risposta precedente.

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