L’avvocato di Grillo parla di tutela
del marchio, di cosa potrebbe accadere nel malaugurato caso di dipartita del
suo titolare e svela alcuni segreti sulla natura dello staff.
Intervistatore: Chissà perché me
l’immaginavo diverso.
Avvocato: In che senso?
I: Viene da tutti descritto come
molto temuto, anzi, parlando di lei, i giornali usano spesso il superlativo, “temutissimo”,
invece mi sembra una persona normale.
A: Faccio bene il mio lavoro. Tutto
qui. Questo probabilmente contribuisce a diffondere quell’immagine di cui lei
parla, ma per il resto sono una persona normalissima. E poi posso contare su una
squadra di collaboratori molto efficienti e mi avvalgo pure dell’aiuto di altri
studi legali.
I: Ah, chissà perché mi immaginavo
che operasse da solo.
A: Vuole scherzare? Lei non ha idea
di quanti procedimenti legali richieda la difesa di un marchio a questi livelli.
Per una sola persona sarebbe materialmente impossibile. Non ci sono solo i casi
che finiscono sulle prime pagine dei giornali, ma anche i litigi di ogni tipo
che sorgono all’interno dei vari meet-up locali.
I: Si litiga molto?
A: Altroché! nei meet-up locali si
litiga tantissimo, anche perché non ci si è messi
d’accordo sulla sede in cui riunirsi, e ogni volta bisogna intervenire,
stabilire chi ha ragione e mandare la lettera all’altro.
I: Riesce sempre a dirimere le
controversie?
A: Nella maggior parte dei casi.
Quando la questione è troppo ingarbugliata, si vieta l’uso del marchio a entrambe
le parti e buonanotte.
I: Detto per inciso, lei è anche nipote
di Grillo nonché vicepresidente del M5S. Il vicepresidente di un’associazione
politica più silenzioso e anonimo che si sia mai visto, verrebbe da dire.
A: Assolutamente sì. Mio zio non mi
avrebbe affidato un incarico tanto delicato, se oltre alla parentela non avesse
potuto contare su un professionista capace di tenere il basso profilo. Sa com’è
fatto, non sopporta di avere accanto persone che possano fargli ombra. Anzi,
non sopporta proprio nessuno accanto.
I: Sì, questo lo avevamo capito. Ma
a proposito di questa struttura, per così dire, familiare del M5S, mi sono
posto spesso una domanda. Facendo ovviamente i dovuti scongiuri, ma se suo zio
dovesse venire a mancare, lei diventerebbe, seppure per il periodo strettamente
necessario a un riassetto del Movimento, il nuovo leader. Praticamente i
militanti si ritroverebbero un leader che non hanno mai visto in volto.
A: Come giustamente ha detto, non
sarebbe per molto tempo. Non è nelle mie aspirazioni fare il leader di un
movimento. Se ho accettato questa carica è solo perché si tratta di un ruolo
puramente formale.
I: In che modo secondo lei
avverrebbe questa successione?
A: Le rispondo da un punto di vista
strettamente legale, che poi nella fattispecie è l’unico che ha valore. Il
passaggio di proprietà, poiché di passaggio di proprietà si tratta, avverrebbe
dal notaio. Toccherebbe poi agli eredi legali, immagino moglie e figli,
disporre dell’uso politico del marchio come meglio credono.
I: Significa che uno o più membri
della sua famiglia potrebbero subentrargli alla guida del Movimento?
A: Tecnicamente sì.
I: Ragionando sempre in via teorica,
potrebbero pure decidere di vendere il marchio.
A: Se lei è proprietario della casa
in cui abita può invitare chi vuole, può affidarla a chi vuole o può anche
venderla. Quindi, in quanto proprietari, i futuri eredi potrebbero disporre del
marchio come meglio credono.
I: Ma non le sembra assurdo che
migliaia di militanti potrebbero ritrovarsi da un giorno all’altro senza il
simbolo per il quale hanno lavorato per anni, magari perché la famiglia del
leader ha deciso di venderlo a qualcuno?
A: Guardi, io faccio l’avvocato, non
il politico, e nella fattispecie tutelo gli interessi del mio cliente, non quelli
dei militanti.
I: In un paese democratico i partiti
dovrebbero essere organizzati in maniera democratica. Secondo lei, il M5S.
risponde a tale principio?
A: Intende la possibilità di
eleggere e controllare l’operato dei propri dirigenti?
I: Eh sì, per organizzazione
democratica si intende proprio ciò.
A: Allora la risposta è no.
I: Ma nel mettere a punto le regole
organizzative non vi siete posti il problema del rispetto del principio costituzionale
secondo cui i partiti possono concorrere a determinare la politica nazionale
con metodo democratico?
A: Guardi, per me i principi
costituzionali sono come dei soprammobili. Possono anche essere molto belli, ma
non servono molto. Uno li guarda un momento, dice “ah, molto bello questo”, ma
subito passa alle cose utili e non ci pensa più. Del resto, mi pare che i fatti
ci abbiano dato ragione. Nessuno ha impedito al Movimento di presentarsi alle
elezioni.
I: E suo zio la pensa come lei?
A: Se avesse avuto altre idee
avrebbe modificato l’assetto del Movimento, non crede?
I: Penso di sì.
A: Ecco. Il punto fondamentale, per
ricollegarmi a quanto dicevo prima, non sono i principi che stanno alla base
dell’organizzazione, quanto piuttosto il perfetto funzionamento
dell’organizzazione stessa. E considerato che il Movimento appartiene a mio
zio, l’organizzazione che gli abbiamo dato è la migliore possibile, in quanto
permette al proprietario di gestirlo come meglio crede.
I: Ma se non è esso stesso organizzato
in maniera democratica, come può il Movimento essere credibile come esempio di
democrazia diretta?
A: Questo dovrebbe chiederlo a
coloro che lo credono.
I: L’altra curiosità che ho, e penso
di non essere il solo, riguarda lo staff. Sembra qualcosa a metà tra il grande
fratello e il tribunale kafkiano. Ma esiste veramente?
A: Certo, nemmeno mio zio potrebbe
fare tutto da solo.
I: E da chi è composto? come vi si
accede?
A: Lo staff non è un organo
autonomo, chiaramente, in quanto l’unico autonomo è mio zio. Indica in maniera
generica tutti i suoi collaboratori. Profili di vario tipo, dal tecnico
informatico al consigliere economico, tanto per fare qualche esempio. Vi si
accede solo per chiamata diretta di mio zio, con contratti a progetto e bisogna
impegnarsi a operare in forma anonima e a non rivelare a nessuno di farne
parte. Pena una salatissima penale, per la quale al momento dell’assunzione
viene consegnato un assegno firmato come garanzia. Come le ho detto, mio zio
non ama i protagonismi.
I: A parte il suo.
A: Ovvio, a parte il suo.
I: È curioso, sembra quasi di parlare
di una società segreta.
A: In effetti, quello della
segretezza è un suo chiodo fisso. Nell’area di lavoro comune ha fatto affiggere
l’immagine che ha inserito anche in un post: “tacete! il giornalista vi
ascolta!”
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Carlo Sibilia
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