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domenica 29 gennaio 2017

Madia, ministra fuori dagli schemi

La ministra Madia parla di come rivalutare l'inesperienza e del contributo che l'incompetenza può portare alla modernizzazione del paese.

Intervistatore: Ormai una decina di anni or sono, quando venne, per così dire, cooptata in parlamento da Veltroni, lei se ne uscì con una frase rimasta negli annali della vita politica italiana: porterò il contributo della mia inesperienza.
Madia: Ricorda benissimo.
I: Beh, sono cose che rimangono impresse. Quello che le vorrei chiedere è in cosa consisteva esattamente questo contributo.
M: Io credo che l'inesperienza sia un poco sottovalutata. Io ritengo che in questa società che richiede sempre più competenze, il non sapere fare niente vada rivalutato.
I: Non è che, a voler essere precisi, l'incompetenza abbia mai rappresentato un ostacolo, soprattutto in ambito politico.
M: Ha ragione, ma quello che io dico è che vada proprio rivalutata, in modo che si possa dire non che tizio ha fatto carriera nonostante la sua incompetenza, ma che ha fatto carriera proprio grazie alla sua incompetenza.
I: Posso chiederle quale sarebbe il fondamento logico del suo ragionamento?
M: Certo che può e le rispondo volentieri. Colui che non ha esperienza, colui che non sa niente di ciò di cui va a occuparsi, detto in maniera più chiara, l'incompetente, può apportare una prospettiva alternativa nel contesto in cui viene ad operare. Prenda per esempio una squadra di ingegneri che lavora alla realizzazione di un ponte. Sono tutti accomunati dalla medesima forma mentis. Provi invece a mettere a lavorare con loro uno che di matematica non capisce nulla...
I: Non è che poi il ponte crolla?
M: No, perché gli ingegneri continuano a lavorare, solo che il gruppo sarà chiamato a confrontarsi con un punto di vista diverso, e questo tipo di confronto può spesso rivelarsi utile per il lavoro del gruppo. Non so se riesco a spiegare quello che voglio dire.
I: Sì, ho capito il concetto, anche se senza la conoscenza di Veltroni lei non avrebbe avuto modo di far fruttare questa sua inesperienza.
M: Certo. Proprio questo intendevo quando parlavo di rivalutare l'incompetenza. Oggi se non capisci niente, da solo non vai da nessuna parte.
I: In sostanza, quindi, bisognerebbe lasciare andare avanti da soli i più incompetenti e raccomandare soltanto i più competenti.
M: Assolutamente sì.
I: Non crede però, riflettendoci, che questa strada potrebbe rivelarsi un tantino azzardata?
M: È un giocarsi il tutto per tutto, o la va o la spacca!
I: Tornando a lei, pensa di avere ottemperato in questi anni all'impegno preso?
M: In tutta onestà penso proprio di sì. Penso di aver apportato tanta inesperienza. Modestamente, credo che non fosse possibile trovare qualcuno che ne sapesse meno di me e potesse quindi portare una dose di inesperienza maggiore. Nonostante i miei colleghi non me l'abbiano mai detto apertamente, forse temendo di apparire indelicati, perché è ancora radicata l'idea che non saper fare niente sia una cosa poco lusinghiera e della quale ci si debba quasi vergognare, a me è sembrato di percepirlo spesso nelle loro facce basite.
I: Mi potrebbe fare un esempio concreto di cosa fa e di come si esprime l'inesperienza.
M: Gliene posso fare anche diversi. A un tavolo, per esempio, si discute di un argomento, e tutti si affannano a dire qualcosa o avanzare proposte; tu invece rimane tranquillo in silenzio senza dire niente.
I: E poi? che succede?
M: Beh, non succede niente. Tutti riflettono che su quell'argomento di cui tanto si sta dicendo si può anche non dire niente. Oppure, mentre tutti discutono di riforme costituzionali, tu approfitti di un attimo di silenzio per domandare: ma l'avete vista quella puntata di Peppa Pig dove fa il bagno in piscina insieme a papa Pig e a suo fratellino George?
I: E che succede?
M: Beh, ti guardano un po'... si confrontano con un punto di vista diverso, riflettono, e poi riprendono a discutere.
I: Tre anni fa però è diventata ministro. Cosa è successo? voleva portare il suo contributo di inesperienza anche al governo?
M: Sì, esatto, dopo dieci anni ho pensato che potevo ritenermi soddisfatta del mio lavoro.
I: Che poi dal punto di vista del competente sarebbe un non-lavoro?
M: Esatto. Ad ogni modo, ho pensato che, non avendo mai fatto il ministro e non avendo la minima idea di cosa facesse un ministro, potevo essere utile anche come ministro. Anche se, devo ammettere, nel precedente governo eravamo in diversi a portare l'inesperienza come principale requisito.
I: Quindi, in conclusione, se lei dovesse riassumere il senso del suo impegno politico, come lo definirebbe?
M: Guardi, in fondo il mio impegno politico vuole essere uno stimolo a tutti quelli che di competenze non ne hanno molte. Quando uno dice "vedi, anche Madia può fare il ministro" è come se stesse diffondendo un incoraggiamento a tutti. Ecco, col mio esempio, voglio dimostrare che ci sarà sempre bisogno di incompetenza.
I: A questo punto temo di aver finito le parole e dunque anche le domande. La ringrazio e la saluto.
M: Grazie a lei. A proposito, lo sa qual è il mio episodio preferito di Peppa Pig?
I: No, veramente no.
M: La partita di calcio.

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