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martedì 2 giugno 2015

Del Debbio, l'ultimo erede

Del Debbio svela alcuni retroscena della sua trasmissione e parla di politica, del suo pubblico e di uno sceicco del Qatar.

Intervistatore: Volevo iniziare con l’episodio del finto rom che ha gettato qualche ombra sulla sua trasmissione.
Del Debbio: Sì, se n’è parlato molto.
I:  Come sono andate veramente le cose?
D: Mi pare che la dinamica dei fatti sia abbastanza chiara.
I: Sì, ma quello che vorrei capire è se davvero lei era all’oscuro di tutto.
D: Ma secondo lei c’ho scritto Giocondo?
I: Allora perché non ha rivelato alla fine del servizio che si trattava di una ricostruzione, come col cronista era rimasto d’accordo di fare?
D: Le spiego. Quando si conduce una trasmissione televisiva non sempre ci si può attenere alla scaletta e a quello che si era previsto di fare. Ogni puntata di un programma ha una sua identità e una sua storia, e il bravo conduttore deve saper giostrare in modo da assecondarne l’armonia. Ora, consideri il contesto. Gli animi in studio erano già abbastanza surriscaldati, poi abbiamo mandato in onda quel bel filmato, che era stato una specie di detonatore, e c’era pure Salvini pronto a fare impennare gli ascolti. Immagini che io a quel punto avessi detto: no, ragazzi, calma, abbiamo scherzato. La poesia e l’incanto del momento si sarebbero volatilizzati. Salvini sarebbe rimasto lì come un minchione e io come un secondo minchione: due minchioni in prima serata. Una cosa è organizzare una scaletta, un altro parlare dei fatti.
I: Sì, capisco bene, ma in questo caso i fatti erano falsi.
D: Di fronte all’armonia del programma questo è un dato secondario. Se ci dobbiamo fermare solo alle cose autentiche, ci giochiamo la poesia.


I: Beh, la poesia veramente non riesco a coglierla.
D: Non può coglierla, la poesia è quel filo invisibile che lega il conduttore al suo pubblico.
I: Passiamo alla politica, quanto c’è di vero nelle voci che la indicano come ultimo erede di Berlusconi.
D: È una possibilità molto concreta. Ci stiamo lavorando da un po’ di tempo.
I: Non è un po’ preoccupato visti i risultati cui sono andati incontro i vari eredi che l’hanno preceduta?
D: No, per due motivi. Primo, perché ci sono eredi ed eredi. Secondo, perché quelli che mi hanno preceduto sono stati aspiranti eredi, io invece aspetto di essere designato leader del centrodestra direttamente da Berlusconi.
I: Qual è la linea politica che ha in mente?
D: Io credo che una rinascita del partito possa prefigurarsi solo sotto il segno della continuità. Il nostro non è un elettorato che insegue la novità, vuole piuttosto essere rassicurato.
I: Quali saranno, per così dire, i suoi cavalli di battaglia?
D: Quelli che conosciamo tutti. Innanzi tutto, un milione di posti di lavoro. Poi, una grande rivoluzione liberale e meno tasse per per tutti.
I: Ma non teme che nel sentire queste sue idee la gente possa reagire con scetticismo, visto che adesso le stesse cose le racconta anche Renzi?
D: No, lo escludo nel modo più categorico. I bambini amano la storia di Pollicino o di Cenerentola, e anche se sanno di che si tratta e come va a finire, non l’ascoltano mai con scetticismo, anzi, non si stancano mai di sentirla. Quanto al fatto che anche Renzi adesso racconta la stessa storia, beh, alla fine la gente sceglierà chi la racconta meglio.
I: Non crede nemmeno che la vicenda di cui abbiamo parlato possa penalizzarla?
D: No, non credo. Il mio è un pubblico fedele, la sua fiducia non viene mai meno. Se io domani prendessi il finto rom, lo vestissi da sceicco del Qatar e gli facessi dire che ha investito qualche milione di euro per comprare un’atomica sporca da far esplodere sulla Milano-Venezia, tutti prenderebbero la statale.
I: Non sembra avere grande stima del suo pubblico.
D: Beh, il pubblico non è fatto per essere stimato. Io gli voglio bene e apprezzo molto la sua fedeltà.
I: Allora diciamo che un po’ se ne approfitta.
D: Nemmeno, perché al finto sceicco farò dire al massimo che ha noleggiato un barcone per inviare un paio di terroristi armati di coltello.
I: Quindi, se ho ben capito, a dispetto dei tanti profeti del web, lei scommette ancora sulla televisione?
D: Ha capito benissimo. Nell’Italia di oggi guidare un partito non è molto diverso dal condurre una trasmissione. L’Italia lei se la deve immaginare come una grande famiglia seduta davanti al piccolo schermo, un po’ annoiata e sonnacchiosa, la bocca spalancata pronta a bersi tutto ciò che le somministrano. Secondo me, un presentatore discreto che decida di fare un partito parte già col 5% dei voti. Io, che modestamente il mio lavoro lo so fare bene e in più ho pure due partiti alle spalle, posso puntare a vincere.

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