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martedì 23 febbraio 2016

Antonio Di Pietro, attualmente contadino

Di Pietro parla di come selezionava i suoi candidati, dei suoi rapporti con la lingua italiana e di un’idea di circolarità della vita maturata a conclusione della sua avventura politica.
Intervistatore: Molti si chiederanno come sia la sua vita da quando ha abbandonato la politica.
Di Pietro: Per essere precisi, è la politica che ha abbandonato me.
I: Vabbe’, diciamo dopo che vi siete separati, il modo non ha tanta importanza.
D: E invece ha importanza, eccome se ha importanza, perché io sono stato vittima di un vero e proprio atto di bullismo giornalistico. 
I: Beh, quello che dice mi pare un po’ esagerato. In fondo, si è trattato di un’intervista nella quale le è stata data l’opportunità di far valere i suoi argomenti.
D: Scusi, lei mi parla di far valere i miei argomenti conoscendo la lotta che sono costretto a ingaggiare con la lingua italiana a ogni frase? Vuole sfottere per caso?
I: No, ci mancherebbe. Però, voglio dire, bene o male riesce a farsi capire.
D: Farsi capire è un conto, ma quando sei assalito con una telecamera la lingua italiana è importante, altrimenti rischi di trasmettere l’immagine del colpevole anche se non lo sei, che poi è quello che è successo a me.
I: Può provare adesso a discolparsi, se vuole.
D: Volentieri, grazie. È proprio quello che volevo, ci provo. Dunque, lei saprà certamente che in politica si guadagna bene.
I: Non solo io, lo sanno tutti.
D: Voglio dire, onestamente, senza rubare, col solo stipendio, i rimborsi, i contributi, ecc., si guadagna molto.
I: Ho capito.
D: Benissimo, detto ciò, quando metti da parte dei soldi, che cosa fa chi come me proviene dal mondo contadino?
I: Investe.
D: Bravo. E dove investe?
I: Non lo so, ci sono tante opportunità di investimento.
D: Eh no, uno come me non investe certo in borsa. L’investimento per eccellenza per il mondo contadino è il mattone. Mi segui?
I: La seguo.
D: Benissimo, ora lei sa che avevo un partito e un partito ha bisogno di una sede. Dico bene?
I: Dice bene.
D: Dunque, il partito ha bisogno di un appartamento e io ho un appartamento da affittare. Anziché fare intervenire due soggetti terzi, con tutti i rischi che questo comporta e che non sto adesso a elencare, facciamo tutto tra noi, anzi tutto tra me, visto che il partito è mio e l’appartamento pure, e il problema è risolto. C’è logica in questo ragionamento.
I: C’è logica, ma forse non era opportuno.
D: Comunque, adesso non ho più un partito e quindi il problema è risolto a monte. 
I:  Si era parlato però di una sua possibile candidatura come sindaco di Milano, c'è del vero?
D: Beh, io un pensierino ce l'avevo fatto. Se qualcuno avesse puntato su di me, sarei stato disponibile.
I: Allude al mancato sostegno del M5S?
D: Non erano rimati in molti a potermi sostenere.
I: Ma perché secondo lei Grillo e Casaleggio non l'hanno voluta come candidato a sindaco di Milano?
D: Ah, questo lo dovrebbe chiedere a loro. Io li avrei voluti come sostenitori.
I: Quali sono le somiglianze tra il suo partito e quello di Grillo?
D: Beh, diciamo che entrambi abbiamo una concezione forte della leadership. Anche perché, come si suol dire, l’occhio del padrone ingrassa il cavallo. Loro due obiettivamente sono stati più bravi di me, si sono inventati il partito virtuale e in questo modo possono fare politica a casa loro senza creare scandali. E infatti il loro cavallo si è ben ingrassato. Mi hanno pure fregato gli ultimi elettori rimastimi.
I: Se permette, tornerei alla domanda iniziale. Alla sua vita dopo la politica.
D: Non c’è molto da dire, sono tornato al punto di partenza. Dopo aver fatto l’emigrante, il poliziotto, il giudice e il politico, sono ritornato a fare il contadino. E' come se si fosse chiuso il cerchio e alla fine torni a essere quello che veramente sei.
I: Anche se si è ritirato però, ha lasciato qualche eredità nella politica italiana.
D: Veramente non mi pare di aver dimenticato niente.
I: Mi riferivo ai talenti da lei scoperti: da Razzi a Scilipoti, per citare i più noti, ma ce ne sono stati parecchi, da De Gregorio al segretario romano recentemente arrestato… per usare una metafora contadina, tutta farina del suo sacco, no?
D: Eh sì, in questo caso non posso che fare mea culpa.
I: Ma con quali criteri li selezionava i suoi candidati?
D: Guardi, glielo dirò onestamente. Andavo molto d'intuito. Pensavo pure che avere come me difficoltà con la lingua italiana fosse un elemento rivelatore di moralità. Se poi considera che Razzi era pure emigrante e Scilipoti mi aveva confidato di aver pensato di emigrare da giovane, la frittata è fatta.
I: Mi permetta una domanda diretta, anche perché credo che siano stati molti a porsela e quindi è mio dovere riferirgliela, ma non le è mai venuto il dubbio di non capirci un cazzo di politica?
D: Mi pare strano che lei mi faccia questa domanda. Come altro si può spiegare uno che inizia la sua carriera politica con l'80% di popolarità e la chiude col 2? 

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