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giovedì 24 settembre 2015

Pinotti, ministro della Difesa

Il ministro della Difesa Roberta Pinotti parla di generali, F35, Isis, marò e delle priorità alle quali un politico non può derogare.
Intervistatore: Quando ho saputo che lei è una professoressa di lettere delle scuole superiori, confesso di essere rimasto un po’ sorpreso.
Pinotti: Per quale motivo?
I: Non è una cosa che succede tutti i giorni. Ecco, mi piacerebbe capire come una professoressa di lettere si ritrova a fare il responsabile della Difesa?
P: Mi lasci innanzi tutto dire che tra le due attività non c’è quella distanza che a prima vista potrebbe sembrare, anzi, mi verrebbe da dire che in ogni docente c’è in nuce un ministro della difesa. Per quanto mi riguarda, poi, come spesso succede, l’elemento decisivo è stato il caso.
I: Vuol dire che è diventata ministro per caso?
P: No, non prenda le mie parole alla lettera. Io sono diventata ministro dopo un lungo percorso che mi ha visto ricoprire il ruolo di responsabile della difesa nel mio partito e presiedere la Commissione Difesa della Camera. Quando dico per caso, voglio dire che ho cominciato a occuparmi di difesa solo perché il settore istruzione era già occupato.
I: Trattandosi di un settore per lei nuovo, immagino si sia dovuta formare praticamente da zero?
P: Proprio da zero no. Potevo vantare nel mio curriculum un’esperienza giovanile come capo scout. E avevo anche un po’ di letture alle spalle.
I: Di strategia militare?
P: No, Guerra e pace. Sono comunque mille pagine, non so se mi spiego.
I: Come si trova in compagnia dei generali?
P: Benissimo. I generali sono gli adulti più simili ai ragazzini che ci siano al mondo, gli basta avere carri armati, aerei e soldatini per giocare alla guerra e non stanno nella pelle per la contentezza.
I: A proposito di guerra, la crisi migratoria in atto ha riportato all’ordine del giorno la possibilità di un intervento occidentale contro l’Isis. Francia e Regno Unito si sono già dichiarate pronte a intervenire...
P: Sai che novità!
I: Come dice, scusi?
P: No, dico che quando c'è da bombardare, Francia e Regno Unito sono sempre pronti.
I: In effetti, sì. Il nostro presidente del consiglio invece ha detto subito che l’Italia non parteciperà. Suppongo che anche lei sia dello stesso avviso?
P: Assolutamente. L’Italia potrebbe farvi parte solo nel caso che l’intervento avvenga sotto l’unanime consenso dell’Onu.
I: Cosa obiettivamente difficile, ma qualora ci fosse questo consenso?
P: Beh, in questo caso ci vorrebbe anche il beneplacito dei paesi coinvolti? Non si può sorvolare arbitrariamente lo spazio aereo di paesi contrari all’intervento, non le pare?
I: Certamente. Ma se anche Siria e Iraq, che sono i paesi coinvolti, si dichiarassero d’accordo?
P: A quel punto saremmo quasi obbligati a partecipare, mancherebbe solo il consenso dell’Isis.
I: Anche dell’Isis?
P: Beh, non possiamo andare a buttare bombe a persone che non le vogliono, non le pare?
I: Veramente non mi pare.
P: Deduco che lei non ha presente l’articolo 11 della nostra Costituzione, il quale recita, mi permetta di ricordarglielo: l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali... ecc. ecc. e io personalmente do un'interpretazione molto rigorosa di questa articolo.
I: Sì, questo articolo me lo ricordo bene e condivido pure la sua interpretazione rigorosa, però l’Italia fornisce armi a paesi in guera e le fornisce previa autorizzazione del suo ministero.
P: Infatti, la Costituzione dice che il nostro paese rifiuta la guerra come mezzo di offesa dei popoli e di risoluzione delle controversie, ma se la l’Arabia Saudita ha altre idee in proposito, saranno problemi costituzionali loro.
I: Ho capito, ma allora che bisogno abbiamo di tutte queste armi?
P: Come le dicevo prima, i nostri generali vogliono la pugna, giustamente, perché è il loro mestiere, ma la Costituzione lo impedisce, quindi compriamo loro delle armi affinché non si sentano troppo penalizzati rispetto ai colleghi inglesi e e francesi e se non guerre vere e proprie, possono almeno fare delle esercitazioni.
I: E per farli esercitare compriamo anche gli F35? Non le sembra che si tratti di una spesa eccessiva per le nostre disastrate finanze, 150 milioni ad aereo?
P: Certo non sono regalati, non si può negare, ma, che posso dirle, il fatto è che ai nostri generali piacciono tanto. Tuttavia, a onor del vero, va pure detto che gli F35 sono utili in quanto servono a difenderci dai missili.
I: Veramente gli F35 non difendono dai missili, sono piuttosto concepiti per l’attacco e per penetrare in difese particolarmente sofisticate.
P: Sì, lo so, ma se i nostri nemici sanno che possiamo attaccarli non ci lanciano i missili, quindi gli F35 ci difendono dai missili.
I: E riguardo alle criticità di cui si è parlato, cosa mi dice?
P: Ogni tanto cadono. Nel senso che cadono da soli, non perché colpiti. Ma gli esperti confidano di poter eliminare questo difetto.
I: L’altro argomento scottante che coinvolge il suo dicastero è quello dei due fucilieri trattenuti in India.
P: Non mi ci faccia pensare, è il mio chiodo fisso. Ho un volo pronto a partire in ogni momento per New Delhi qualora succeda qualcosa. Certi giorni mi prende pure l’ansia, non voglio nemmeno allontanarmi da Roma per timore di dover partire d’urgenza.
I: Mi tolga un'ultima curiosità, come mai non si è mossa con la stessa sollecitudine per i tanti connazionali detenuti all’estero, alcuni dei quali spesso per motivi molto più dubbi e in condizioni molto peggiori?
P: Noi ci muoviamo per tutti, ma lei capisce che, come per tutte le cose, ci sono delle priorità fissate dai giornali e dalle tv e a queste priorità una personalità politica deve scrupolosamente attenersi.

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