Pietro Ichino parla
di flessibilità, Jobs act e svela la sua dottrina dell'operaio cosa.
Intervistatore:
Vorrei partire da quello che è il concetto chiave intorno cui ruota tutto il discorso sul lavoro: la
flessibilità. Che cos’è per lei la flessibilità?
Ichino: Flessibilità, le rispondo senza
tanti giri di parole, significa essere come una cosa.
Int.: Quale cosa?
Ich.: Una cosa,
voglio dire, come un oggetto.
Int.: Un oggetto? E
la persona che fine fa?
Ich.: Un punto
dobbiamo mettere subito in chiaro: essere allo stesso tempo operaio e persona è
un lusso che non possiamo più
permetterci.
Int.: Sta dicendo
che all’operaio non può
più essere riconosciuta la sua dignità di persona?
Ich.: No, non mi
faccia dire cose che non ho detto. Quello che voglio dire è
che non puoi essere le due cose insieme
quando lavori. Se fai l’operaio devi fare l’operaio; quando smetti di essere operaio
puoi tornare a essere persona. Parliamoci chiaro: all’imprenditore
interessa l’operaio non la persona.
Int.: Questo in
verità eravamo in molti a
sospettarlo, ma ora che lo dice lei ne siamo più sicuri. Tuttavia mi sembra che il suo
ragionamento ignori i più elementari principi del diritto del lavoro e mi sorprende che a farlo
sia un giuslavorista.
Ich.: Qui non si
tratta di ragionamenti, ma del mondo che è cambiato. In un mondo nel quale tutto è made in China, non possiamo pretendere che il
giuslavorismo sia l’unica cosa made in Occidente. Oggi anche il
diritto del lavoro dev’essere made in China.
Int.: Anche a costo
di cancellare diritti conquistati faticosamente nel corso di decenni di lotte e
sacrifici?
Ich.: Caro
Intervistatore, parlare di diritti nel mondo del lavoro del XXI secolo significa
solo, come forse avrà sentito dire, arroccarsi dietro un totem ideologico.
Int.: Sì, questa l’ho sentita.
Ich.: Come voler
inserire un gettone nell’Iphone.
Int.: Sì, ho sentito anche
questa. Ma lei veramente crede che il Jobs act sia la panacea per tutti i mali
dell’economia italiana?
Ich.: Proprio così. Una volta che l’operaio sarà
stato trasformato in cosa e sarà
quindi possibile licenziarlo in tutti i
modi possibili e a ogni ora del giorno e della notte, l’economia italiana
tornerà a correre. Parliamoci
francamente: lei comprerebbe un materasso o un divano dei quali sa già
che non potrà
più disfarsi?
Int.: Sicuramente
no, ma mi riesce un po’ difficile considerare l’operaio come un materasso o un divano. E l’evasione fiscale, l’economia sommersa,
la corruzione, dove le mettiamo?
Ich.: Cosa c’entrano tutte
queste cose?
Int.: Beh, solo per
l’evasione fiscale lo
stato ci rimette ottanta miliardi di euro…
Ich.: No, no, caro
Intervistatore, lei è completamente fuori strada. Lei, mi perdoni l’humour, se ne sta
ancora col suo gettone in mano cercando di capire dove metterlo, ma l’evasione fiscale,
come del resto gli altri fenomeni che ha menzionato, non danneggia il sistema
paese. L’evasore che
nasconde al fisco qualche centinaio di milioni compie, se mi passa la metafora,
un peccato veniale, in quanto i suoi soldini entreranno comunque in
circolazione per barche, gioielli, ville, ecc. L’operaio che invece si becca il suo bel
salario di mille euro commette peccato mortale, perché
sottrae risorse all’impresa e chiunque
capisce bene quanto sia vitale per l’impresa disporre di risorse per affrontare le
sfide del mercato.
Int.: Quindi dagli
addosso all’operaio?
Ich.: Se si vuole
un’economia virtuosa,
sì, non c’è
altra scelta. Proprio per questa ragione è
lui il mio chiodo fisso.
Int.: Capisco. Mi
ha colpito il suo ragionamento secondo il quale l’operaio che vince una vertenza per
insufficienza di prove dovrebbe essere secondo lei licenziabile lo stesso.
Ich.: Esattamente.
Int.: E quindi
trattato come se fosse colpevole. Non le sembra un ragionamento contrario ai
principi del diritto? come uno che viene assolto dall’accusa di aver
rubato, ma il giudice lo condanna lo stesso a risarcire chi ha subito il furto.
Ich.: No, lo
sarebbe certamente se pensassimo all’operaio-persona, ma la dottrina che le ho esposto
ci consente di separare i sacrosanti principi del diritto dai principi dell’economia.
Int.: Un’ultima domanda. Lei
parte dalla Cgil e dal Partito Comunista per arrivare a Scelta Civica. Può
spiegarci cosa succede nella mente di un
giuslavorista in un viaggio così lungo?
Ich.: Molto
volentieri. Nella vita ognuno di noi deve trovare la prospettiva migliore per
guardare il mondo. Anche un giuslavorista. Quando io guardavo il mondo dal
punto di vista della Cgil o del Partito Comunista mi affaticavo tantissimo.
Troppe cose che non andavano e troppe cose da cambiare. Arrivavo a sera sfinito
e incapace di sviluppare una teoria. Ora che invece lo guardo dal punto di
vista di Scelta Civica tutto è diventato più semplice. La soluzione di tutti i problemi è
lì, a portata di mano, nella dottrina dell’operaio-cosa.
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Sergio Marchionne
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